VIAGGIO CULTURALE ED ENOLOGICO CON LA CONFRATERNITA DI TRENTO
Tra musei, ristoranti e cantine del veronese.

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La Confraternita della Vite e del Vino di Trento, a cui da irpino sono onorato d’appartenere, il 7 ottobre 2005, per iniziativa di Angelo Rossi, membro del Capitolo, ha organizzato ed effettuato una gita di un giorno in territorio veronese. Nonostante il tempo incerto, e a tratti piovoso, essa è perfettamente riuscita.

Partiti in circa una cinquantina di persone in pullman da Trento alle 8.30, via autostrada, si è giunti al casello di Ala dove, dopo essere usciti, si è proseguiti sulla statale per Peri e da qui, attraverso una tortuosa e avventurosa strada di montagna, si è giunti a Sant’Anna d’Alfaedo (VR), prima tappa della giornata. Alfaedo sta per faggeta.

Lungo il viaggio, il confratello Angelo Rossi – fu il mio iniziatore alla conoscenza e cultura dei vini negli anni eroici del Press Club, dell’allora Istituto Trentino dei vini –, brillante e affermato manager enologico, oltre che organizzatore di eventi enogastronomici anche fuori della nostra regione, c’illustrava l’ambiente geologico della Valle dell’Adige, il cui aspetto attuale è frutto dell’opera del ghiacciaio atesino, alto sino a oltre 1500 metri nelle varie epoche glaciali. Esso, durante la glaciazione würmiana, 600.000 anni fa, abrase i fianchi delle montagne, allargò la valle, che verso Borghetto permane angusta, e creò a più riprese straordinari e rilevanti depositi morenici. Poi passava a descriverci la Lessinia, terra di malgari e cavatori, dalle caratteristiche peculiari assai interessanti, non solo dal punto di vista geologico, ma anche paletnologico e antropologico. La sua economia si basa sull’attività estrattiva della pietra veronese, sull’allevamento bovino e sull’attività casearia. Naturalmente anche qui il turismo riveste una notevole importanza.

Scesi dal pullman, si è notato che tutte le case di Sant’Anna d’Alfaedo hanno un aspetto caratteristico. I tetti, infatti, sono coperti da lastre di pietra chiara, estratte nelle cave locali.

La Lessinia è un Parco regionale. Ma è anche un deposito di fossili di animali marini di eccezionale importanza che, quando sono trovati, vanno ad arricchire le collezioni dei musei locali.

In Lessinia c’è anche un’area cimbra, e a Giazza si parla il cimbro, che non è un relitto linguistico, bensì un’antica lingua tedesca ancora viva. La visita guidata al Museo Paleontologico e Preistorico di Sant’Anna d’Alfaedo è stata molto interessante. Nella parte paleontologica si è potuto ammirare i fossili di ammoniti e altri molluschi, e dei grandi vertebrati marini, quali squali e rettili, come i mososauri di 95 milioni di anni fa e tartarughe. I percorsi sono didatticamente bene organizzati ed è possibile comprendere il lavoro nelle cave di pietra e l’attività estrattiva. C’è anche uno splendido telaio per la tessituraIl piano superiore è dedicato alla preistoria con numerosi reperti litici e fittili, e ricostruzioni di ambienti sia antropici che naturali, con animali e vegetazione delle varie epoche. C’è anche la ricostruzione verosimile di Ötzi, l’uomo del Similaun, 3.300 anni a. C., perché la selce del suo coltello è simile a quelle ritrovate nel territorio di Sant’Anna d’Alfaedo.

Il pranzo, presso il ristorante Ombra di Fosse, ha consentito la degustazione di specialità della casa come tagliatelle e spezli ai funghi e al tartufo nero, accompagnati dai seguenti vini: due tipi di Enantio, entrambi baricati, che esaltano il selvatico e la natura; La Prebenda, vino bianco tipico; il Pinot Grigio, positivo, leggero e con riflessi verdolini.

L’Enantio di pianura, franco di piede, perché di radice italiana, è asprigno ma dura di più nella conservazione, anche 10 anni, rispetto all’Enantio di collina che ha radice americana.

In una pausa tra un piatto e l’altro il Gran Maestro, Gino Valentini, ricordava i due confratelli recentemente scomparsi, entrambi dopo grave malattia: Flavio Faganello, 72 anni, fotografo, e Andrea Andreotti, 57 anni, cardiologo, medico dello sport, alpinista, navigatore solitario, scrittore, membro del Capitolo. Invitava poi il confratello Sergio Ferrari, direttore del nostro periodico “La Vigna”, a prendere la parola.

Botti quadrate alla cantina Masi

Ricostruzione di Otzi

Scheletro di una tartaruga marina fossile

 

Ferrari ricordava il Faganello fotografo, le cui immagini fanno ormai parte della storia della nostra regione e molte di esse rappresentano la spiritualità della gente trentina. Di Andreotti ricordava la genuinità e la franchezza di giudizio con cui sapeva prendere posizione, su questioni anche controverse e scabrose, senza timori reverenziali. Ne ricordava le qualità di scrittore, su un argomento qual è il vino, sempre attaccato per i rischi che comporta per la salute, ma che tuttavia è un fattore importante per l’economia. Era uno che sosteneva che basterebbe fare più acculturazione, per l’uso del vino, e meno denigrazione.

A chiusura del suo intervento, invitava tutti i presenti a fare un brindisi alla memoria dei due cari amici scomparsi.

Va aggiunto che Andrea Andreotti, negli ultimi giorni della sua vita, ormai nella fase terminale della malattia, era vilmente attaccato sulla stampa locale per via del suo libro sul vino. Coloro che avrebbero dovuto prendere le sue difese – i rappresentanti del settore del vino a Trento – se ne sono elegantemente astenuti.

La gita proseguiva con la visita alla Cantina Masi, collegata all’Azienda agricola Serègo Alighieri, in Gargagnago S. Ambrogio di Valpolicella, che cura la commercializzazione del prodotto.

I conti Serègo Alighieri sono discendenti, per parte femminile, del sommo poeta Dante.

Ci faceva da guida il presidente Sandro Boscaini, coadiuvato da due giovani collaboratori.

La Cantina Masi, la cui filosofia è che la qualità inizia nel vigneto, produce oltre 9.000.000 di bottiglie di vino l’anno e ha un mercato nazionale e internazionale. È una cantina molto grande. Gli ambienti sono molto curati e controllati elettronicamente, compresa l’umidità dell’aria. Anche la quantità di acqua contenuta nell’uva, che è sui telai ad appassire, è controllata elettronicamente, attraverso la sua perdita di peso, perché il problema è la muffa grigia che rovinerebbe il prodotto. Un particolare che ci ha incuriosito è che, oltre ad avere le botti tradizionali, sono state introdotte le botti quadrate. Arrivano dalla Svizzera e consentono di sfruttare meglio gli spazi a disposizione. Dopo averle adoperate per un certo numero di anni, si possono smontare, ripiallare, riassemblare e quindi riusare.

Abbiamo potuto assaggiare i due vini che sono il fiore all’occhiello della Cantina Masi, l’Amarone e il Reciotto, entrambi ricavati da uve Valpolicella appassite. L’Amarone è un vino totalmente fermentato, che è migliorato dalla muffa sinerea, la muffa buona, che attacca l’uva a Natale. Il Reciotto è un vino solo parzialmente fermentato.

Ultimata la visita, scattata la foto ricordo di gruppo, salutato e ringraziato il presidente Boscaini per la sua ospitalità e l’estrema gentilezza, acquistata qualche bottiglia, abbiamo potuto fare ritorno a casa sobri e felici.

 

 

Nota.

Mi pare che in Irpinia non vi siano confraternite del vino e della vite. Da irpino emigrato al Nord sarei interessato ad avviare rapporti con qualche esponente della vitivinicoltura irpina e con qualche cultore locale del vino, allo scopo di studiare la fattibilità, in un prossimo futuro, di un viaggio della Confraternita di Trento in Irpinia, per visitare qualche cantina locale e i luoghi d’arte della provincia.

Chi fosse interessato a questa mia proposta può inviarmi un’e-mail all’indirizzo di posta elettronica che trova nel mio sito.

 

 

            Zell, 15 ottobre 2005                                                  Angelo Siciliano

                                                                                      www.angelosiciliano.com