TRICOLORE: LA BANDIERA
ITALIANA*
Storia e descrizione di questa
immagine simbolica
Una bandiera è
un drappo di stoffa si può leggere nel vocabolario, ad uno o
più colori variamente disposti, spesso con stemmi o altri segni,
attaccato ad un’asta. Grazie a quest’asta la si può sventolare.
In cima ad un pennone si può ammirarla nel suo garrire al vento.
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Tricolore a rifugio Segantini
m. 2375, nel gruppo Presanella,
in Trentino (foto di A.
Siciliano, 2004).
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E ora che i paesi dell’Unione Europea, dal primo maggio
2004, da quindici sono diventati venticinque, è un vero
piacere, non solo per gli occhi, ma anche per lo spirito,
potere ammirare davanti ai luoghi istituzionali così tante
bandiere, nei loro variopinti e festosi colori.
Nella storia umana non si riscontra un altro simbolo, cui
siano stati attribuiti così tanti significati, a volte
tragici, a volte gloriosi.
A seconda dei punti di vista, una bandiera può essere odiata
perché la si identifica col nemico, e fatta oggetto
d’incendio in pubblico, oppure amata fino al sacrificio di
sé.
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Per una bandiera, sotto
i suoi colori, si sono combattute guerre sanguinose e spesso dei
soldati si sono coperti di gloria. Per la patria, si dice. E questa,
la terra dei padri fondatori della società nazionale, ne riconosce
le gesta, li copre di onorificenze e i più valorosi li ricorda nei
testi di storia.
Dalla patria discende l’amor patrio. Alla patria è associato anche
l’inno nazionale, suonato o cantato in alcune cerimonie
istituzionali ufficiali.
Di bandiere ve ne sono una varietà infinita. Da quella del gruppo
sociale d’appartenenza a quella del quartiere in cui si è nati; da
quella del proprio partito politico a quella dell’esercito per cui
si combatte; da quella del proprio comune a quella del proprio
Stato. Poi ci sono le bandiere delle federazioni o unioni di stati.
Non sono da meno gli ambiti sportivi, in quanto a bandiere. Se,
metaforicamente, un grande calciatore è insieme un idolo e una
bandiera per i tifosi della propria squadra, si sa che ogni squadra
ha i propri colori e con essi è decorata la sua bandiera. Ogni
squadra ha la propria bandiera, con sopra stampati i trofei
importanti conquistati. E gli stadi, nei giorni di gara, si
riempiono di tifosi che espongono i propri striscioni e sventolano
le bandiere con i colori della propria squadra.
Una bandiera può essere esposta in modi differenti: alzata,
spiegata, abbrunata, a mezz’asta, ammainata, abbassata. E ogni volta
essa assume un significato differente.
Le bandiere fatte di un solo colore hanno anch’esse un significato
preciso: il giallo sta per epidemia; il bianco è segno di resa; il
nero era dei nazi-fascisti; il rosso è prerogativa dei partiti
politici di sinistra.
Una bandiera, pur costituendo un simbolo emblematico, non dura in
eterno e spesso, come tutte le cose umane, essa nasce, vive e muore.
Alcune delle bandiere che sono sparite, in modo eclatante, in questi
ultimi anni sono quelle della ex URSS, della ex Repubblica
Democratica Tedesca (DDR) e della ex Repubblica Socialista
Federativa di Jugoslavia.
I molti paesi, che si sono liberati del giogo comunista, hanno in
genere riadottato le bandiere che avevano prima della guerra fredda.
Tra le nuove bandiere è da annoverare senz’altro quella della Pace.
Da oltre un anno ha molto sventolato, esposta alle finestre non solo
degli italiani, purtroppo senza risultati tangibili contro la guerra
in Iraq.
Va anche detto che la bandiera, come tutti i simboli che attengono
al profondo delle passioni umane, si ammanta spesso di retorica,
soprattutto nelle cerimonie ufficiali, e questo non fa che creare un
senso di disagio e distacco per la gente.
Anche se molte bandiere sono a tre colori, quando si parla di
“tricolore”, s’intende la bandiera italiana. Il Tricolore è la
nostra bandiera, come sancisce l’art. 12 della Costituzione, scelta
come tale dall’Assemblea Costituente nel 1947 e adottata
ufficialmente dal 1° gennaio 1948. Esso trae origine dallo stendardo
che Napoleone adoperò nella campagna d’Italia del 1796 e che fu
adottato, per la prima volta come bandiera, dal Parlamento della
Repubblica Cispadana a Reggio Emilia, il 7 gennaio 1797.
Il tricolore, con sopra impresso lo stemma dei Savoia, era stato la
bandiera del regno d’Italia dal 1861 al 1946, anno della sua caduta,
a seguito del referendum popolare.
Il nostro tricolore è a tre bande verticali di uguali dimensioni,
con i colori verde, bianco e rosso. Ma le bandiere della nostra
marina mercantile e quella della nostra marina militare, sul
tricolore riportano uno scudo, nei cui quarti sono ricordate le
quattro repubbliche marinare: Venezia con il leone alato di S. Marco
reggente un libro aperto; Genova con la croce rossa di S. Giorgio;
Amalfi con la croce maltese; Pisa con la croce pisana. Lo scudo
della marina militare è diverso da quello della marina mercantile,
perché è sovrastato da una corona navale e il suo leone di San Marco
impugna una spada.
Occorre descrivere anche lo stemma del nostro Stato. Rami d’ulivo a
sinistra e di quercia a destra, simboli di pace e di forza,
racchiudono la stella, che rappresenta la nazione, e la ruota
dentata, che significa il lavoro. Un sottostante cartiglio riporta
la scritta “REPUBBLICA ITALIANA”.
In tema di bandiere, la domanda che è legittimo porsi oggi, in
un’Europa più allargata e riunita e in un mondo sempre più
globalizzato, è la seguente: ma il tricolore è sentito ancora come
la bandiera di tutti noi italiani? La risposta, purtroppo, non può
essere affermativa.
Gli italiani di una certa età, quelli che, pagando di persona, hanno
contribuito a fare dell’Italia il paese libero in cui viviamo, alla
nostra bandiera ci credono ancora e soffrono nel vedere come essa e
certi valori fondanti della nostra Repubblica sono spesso negati o
vilipesi.
Altrettanto non può dirsi di altri italiani.
Buona parte dei nostri giovani, purtroppo, è distratta e allettata
dai reality show e altre trasmissioni dell’effimero in tivù,
dell’attuale civiltà mediatica. È lontana dalla storia degli eventi
che ci riguardano. Se ciò fosse dovuto al fatto che si è proiettati
verso un’Europa più integrata politicamente, con un rinnovato senso
d’appartenenza, la cosa sarebbe non solo accettabile, ma anche
giustificata e auspicabile. Ma forse le cose stanno diversamente.
E poi c’è chi rema contro. Molti telespettatori ricorderanno l’ira
gridata di Umberto Bossi, durante un suo comizio rituale a Venezia,
all’indirizzo di una signora che, come un affronto nei confronti dei
leghisti, si ostinava a esporre dalla sua finestra il tricolore.
Dall’altro canto è commovente come il nostro Presidente della
Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, non perda occasione di esaltare le
virtù italiche, la nostra operosità e ciò che ritiene i simboli
della nostra unità nazionale: il Tricolore, che gli italiani
dovrebbero amare di più e prendere l’abitudine di esporre alle
proprie finestre, e l’Inno di Mameli, il cui testo andrebbe
memorizzato anche dai nostri atleti e calciatori, e cantato, mentre
sono inquadrati dalle telecamere, prima o dopo le gare sportive.
Basterà questo per risalire la china, su cui è avviato da qualche
tempo il nostro paese, e sanare il clima di sfiducia diffuso che
attanaglia la gente? Probabilmente no.
Può essere consolante pensare che l’Italia ha attraversato e
superato momenti peggiori in passato, ma per un futuro migliore
servono certezze e qualche speranza in più.
Il nostro paese, nonostante tutto, è in grado d’integrare gli
stranieri arrivati da lontano e con culture diverse. I loro figli
saranno cittadini italiani. Forse saranno loro ad amare, più di noi,
il tricolore e chissà, che non cantino il nostro inno nazionale!
* Pubblicato sul n. 341 della rivista U. C. T. di maggio 2004.
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