Nella
sala delle Margonerie del Castello del Buonconsiglio, la sera del 10
gennaio 2008, Franco Marzatico, direttore del Museo del Buonconsiglio,
presentava il volume ORI, GIOIELLI & AMULETI - IN TRENTINO DAL XVI
AL XX SECOLO, di Umberto Raffaelli, rimarcandone l’importanza sia
come opera venuta a colmare un vuoto sia come esito di un’indagine in
un campo particolare dell’artigianato e del costume, rivolto
principalmente all’abbigliamento degli appartenenti alla comunità
trentina. Trattasi di un’opera che, attraverso l’analisi del
cambiamento dei gusti per i gioielli, per via delle mode e delle
condizioni economiche che mutano nel tempo, spazia anche
nell’archeologia sociale.
Umberto Raffaelli,
scrittore e collaboratore di riviste specializzate in arte e cultura,
già direttore, facente funzioni, del Museo Etnografico della Gente
Trentina di S. Michele all’Adige, ha alle spalle una vasta
bibliografia di pubblicazioni fatte, con editori locali e nazionali, a
partire dal 1976. I temi trattati abbracciano un campo vasto, ma sono
tutti correlati alla sua passione per il bello e al grande amore per
il Trentino e la sua gente: influsso della luna nella coltivazione
della terra; costumi e vestiario nelle valli trentine nel XIX sec.;
acquavite e grappa nell’uso e nel costume trentino; proverbi del
Trentino; il lavoro perduto; l’emigrazione trentina negli USA,
1870-1940; riti di carnevale in Trentino; ninne nanne, cantilene e
filastrocche del Trentino; l’uomo selvatico nella tradizione popolare
trentina; tradizioni popolari e dialetti in Trentino; arte e
tradizione in Trentino – la cassapanca; i legni antichi delle genti
del Trentino; emigrazione verso la Bosnia e l’Erzegovina; simboli
agropastorali nella decorazione lignea trentina; manierismo poetico
della gente di montagna.
Come funzionario
della Provincia Autonoma di Trento ha organizzato, presso il Castello
del Buonconsiglio, mostre importanti curandone anche i cataloghi, come
quella su “Serrature, chiavi e forzieri dalla preistoria all’età
moderna nelle Alpi orientali” nel 1996 e l’altra su “Rame
d’arte. Dalla preistoria al XX secolo nelle Alpi centro-orientali”
nel 1998. Nel 2001 organizzava al Castello di Stenico la mostra “L’arte
dell’intaglio. Testimonianze della cultura decorativa trentina”.
Ha pubblicato nel 2001 “Arte e tradizione in Trentino. I cassettoni”.
Ha prodotto studi sulla caccia e sui castelli del Trentino.
Il libro sulla
gioielleria e sugli ornamenti trentini riassume un patrimonio di
manufatti, che va dal Rinascimento ai primi decenni del XX secolo e ha
comportato una meticolosa ricerca sul territorio durata anni.
Raffaelli ha battuto le valli trentine, frequentato antiquari, fatto
ricognizioni presso famiglie, archivi pubblici e privati. È andato
alla scoperta di documenti d’archivio, tra cui le”Carte di dote” delle
future spose, e oggetti preziosi indossati dalla gente. Monili che
hanno accompagnato l’esistenza delle famiglie, scandendone i periodi
di prosperità o di vita grama, l’emigrazione in cerca di lavoro e, in
qualche caso, il rientro a casa. Ha indagato quali erano le materie
usate, da dove provenivano le pietre preziose incastonate nei gioielli
e relativi commerci, le tecniche di lavorazione, gli orefici che
operarono in Trentino e in Alto Adige, gli ornamenti femminili e
quelli maschili. Va rilevato che a Trento, oltre ai gioielli si
creavano pure orologi e relative catenelle.
Poiché in Trentino
sono stati scoperti siti preistorici importanti, Umberto Raffaelli
accenna ai gioielli che in essi furono rinvenuti: le collane di
conchiglie di columbella e vertebre di pesci del Mesolitico al Riparo
Gabàn sotto Martignano; pietre e conchiglie al Riparo Vatte di Zambàna;
spilloni di bronzo e collane d’ambra nelle palafitte di Ledro. Ha
accennato anche ai gioielli di epoche successive rinvenuti in
Trentino: gioielli celtici rappresentati da lamine d’oro rotonde,
spilloni, collari e bracciali, fibule, perle d’ambra, bracciali di
vetro colorato e orecchini a disco con pendente; spilloni a lamina
piatta e braccialetti di bronzo di Vàdena; gioielli d’epoca romana
costituiti da fibule in bronzo e oro, orecchini d’oro a cestello,
collane d’oro e pasta vitrea, ambra, vetro colorato, anelli d’oro con
gemme di quarzo e corniola, fedi con due mani intrecciate (dextrarum
iunctio); lamine d’oro con croci e orecchini d’epoca longobarda;
grandi anelli a sigillo o a motivi religiosi medievali; anelli d’epoca
gotica con immagini di santi e fedi con due mani intrecciate, di
chiara ascendenza romana; anelli a castone costituito da madreperla,
corallo, pasta vitrea, granato o cristallo di rocca, di fine
Cinquecento, dalla Collegiata di Arco (TN); sempre di fine
Cinquecento, anelli a scudo con il monogramma IHS e anelli di tipo
promissorio.
Ha escluso dalla sua
ricerca i gioielli nobiliari, ricchi e vistosi, perché provenienti di
solito dal mercato antiquario internazionale ed espressione di un ceto
sociale ristretto.
Ha privilegiato i
gioielli che hanno scandito il vissuto della comunità: i piccoli
orecchini per le neonate a cui venivano forati molto presto i lobi
delle orecchie; gli orecchini per donne adulte; le collane, le parure
e i braccialetti; vari tipi di spille, anelli e fedi; i gioielli per
il fidanzamento e il matrimonio; gli spilloni che si sistemavano a
raggiera sul capo per fissare l’acconciatura dei lunghi capelli; i
gioielli per la fertilità e quelli per il lutto.
Lo stato vedovile di
una donna prevedeva una drastica riduzione dei preziosi da indossare
e, in qualche valle trentina, le era addirittura imposto il divieto o
concessa solo qualche alternativa.
In epoca romantica,
si diffuse l’uso di spille con una piccola teca portacapelli. E i
capelli erano di un figlio o di una figlia morta prematuramente oppure
dell’amata o dell’amato che viveva lontano. Il monile in questi casi
simboleggiava il lutto oppure l’amore.
La varietà dei
gioielli maschili era alquanto esigua ed è rappresentata da qualche
orecchino come antidoto contro l’epilessia, qualche altro con capelli
intrecciati, qualche anello o fede, la spilla per cravatta e
l’orologio con catena d’argento o d’oro da ostentare, agganciata a
un’asola del panciotto, per le vie del paese.
Anche la magia aveva
i suoi gioielli, costituiti dagli amuleti incapsulati in argento, come
denti di cinghiale, lupo, orso e frammenti di corna di capriolo o
cervo, ritenuti difese apotropaiche contro la jettatura e il maligno.
Oggetti sicuramente rassicuranti per chi vi credeva. Negli orecchini
delle donne, è stato riscontrato talvolta un simbolo fallico di
corallo e in questo caso la funzione, per chi li portava, era la
protezione contro il malocchio.
Nel mondo contadino,
i gioielli per l’uso quotidiano erano d’argento o d’oro a 14 carati,
detto anche oro rosso per la maggiore percentuale di rame contenuto
nella lega. I gioielli d’oro a 18 carati, unitamente ai coralli, alle
pietre preziose e a ornamenti più fini erano riservati per i giorni di
festa.
Umberto Raffaelli,
nella sua introduzione, fa la sintesi dell’evoluzione dei gioielli nei
vari secoli, che risente dei costumi, dei gusti, delle mode, della
riscoperta del passato, della disponibilità di nuovi materiali e
conoscenze tecniche, delle condizioni economiche e degli scambi
commerciali.
Tra le splendide foto
del testo, alcune ritraggono donne in costume delle valli trentine con
dei gioielli tipici addosso. Insomma i gioielli non erano
semplicemente degli oggetti decorativi o della vanità. Erano come dei
simboli vivi che accompagnavano, qualificavano e scandivano
l’esistenza degli appartenenti alla comunità.
L’editore, nella
persona del signor Genovese, intervenuto alla presentazione del libro
rilevava che la Regione Trentino Alto Adige ha dato un contributo per
questo libro. È un sistema, questo, che consente ai piccoli editori
locali di crescere e confrontarsi anche fuori provincia. Il contrario
di quanto fa invece la Provincia Autonoma di Trento, che, operando
essa stessa da editore, non consente agli editori di svilupparsi
normalmente in regime di concorrenza.
Scheda del libro
Il libro di Umberto Raffaelli ORI,
GIOIELLI & AMULETI - IN TRENTINO DAL XVI AL XX SECOLO, di 223
pagine, è dedicato all’antiquario trentino Bruno Gasperetti, da poco
scomparso, che ha fatto apprezzare per decenni i gioielli trentini
delle sue collezioni sia agli estimatori locali che a quelli esteri.
Riporta un ricco apparato fotografico a colori e in bianco e nero di
R. Michelotti, G. Zotta, F. Faganello, D. Cortelletti, Istituto
Culturale Ladino e Archivio fotografico del Museo Castello del
Buonconsiglio, e testi dell’autore distinti in 12 capitoli tematici
con l’aggiunta di un esauriente glossario. È edito da Curcu & Genovese
di Trento in nov. 2007 e ha il prezzo di copertina di € 25.
(Questo articolo, scritto per la
rivista trentina “Judicaria”, è anche nel sito
www.angelosiciliano.com).
Zell, 12 maggio 2008
Angelo Siciliano
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