Elio
Fox e il viaggio nella parola altrui
Elio
Fox, storico e antologizzatore da lunga data della poesia vernacola
trentina, ha organizzato con il suo “Cenacolo trentino di Cultura
dialettale”, in collaborazione con la SOSAT di Trento, sei
“Incontri per il recupero della memoria popolare”, dal titolo “Trento
ai tempi di Bepi Mor, Vittorio Felini e Carlo Nani”, tutti alle
20,30, nello splendido salone affrescato della sede della SOSAT, dal
14 marzo al 23 maggio 2008. È stato un piacevole e gustoso tuffo nel
passato, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, alla scoperta di
atmosfere lontane, eppure umanamente così toccanti e ancora vicine a
noi, del colore e degli odori dei quartieri della Trento che non c’è
più, dei primi decenni del Novecento.
Grazie alla ricerca di
Elio Fox, che, con certosina pazienza, sta scavando da decenni nelle
carte che si sono salvate di quegli anni cruciali – la Grande guerra
portò enormi sconvolgimenti in Trentino – e ricostruendo
magistralmente, attraverso le biografie e le opere dei poeti Bepi Mor
(1853-1923), Carlo Nani (1865-1916), Vittorio Felini (1862-1920) e di
altri poeti quali Giovanni Battista Garzetti, Paride Zaiotti, Michele
Gottardi, Mario e Cesare Ravanelli, Antonio Pranzelores, la storia del
vissuto delle persone e delle relazioni sociali in periodi di gravi
difficoltà economiche e mutamenti politici epocali. La poesia
vernacola ci restituisce fatti, risvolti e sfumature di quel passato
e, attraverso giochi ironici e umoristici, ci rende allegri, perché in
fondo quei poeti sono i nostri avi e il loro animo non era tanto
diverso dal nostro, anche se noi siamo sovrastati da un universo
globalizzato.
In ogni serata, Elio
Fox ha fatto da voce narrante e ha dato i tempi ai lettori dei testi
poetici, i poeti del Cenacolo Antonia Dalpiaz, Luisa Gretter Adiamoli,
Lilia Slomp Ferrari, Lorenzo Cosso, Corrado Zanol e il musicista
Piergiorgio Lunelli.
Le serate sono state
allietate, a turno, dalle piacevoli musiche di Piergiorgio Lunelli e
del Gruppo Aires di Mattarello.
La sala è stata sempre
gremita e alla fine dello spettacolo – perché di spettacolo di poesia
si può parlare solo in casi come questo – a chi gradiva, prima di
salutarci, la SOSAT ha offerto un bicchiere di ottimo Teroldego di
Mezzocorona.
Zell, 13 maggio 2008
Giacomo
Manzoni: “Credere e amare”
Il
pomeriggio del 7 marzo 2008, dedicato alla poesia delle donne, al
Centro Rosmini di Trento incontravo Giacomo Manzoni, che mi faceva
dono della sua silloge di poesie Credere e amare,
stampata a Pisa dalle Edizioni ETS in settembre 2007. È un libretto di
49 poesie in cui gli stati d’animo sono diversi, giocati tra fede e
sentimento, con linguaggio fatto di intimismo improntato al
naturalismo, come nei testi …vortici di nuvole, Fede,
Giorno di sole, Sentiero, La vela. L’ambiente
diventa talvolta scenografia pesante, che fa da sfondo al gioco dei
sentimenti del poeta, come in Scendi alla riva, per un invito
all’amata a ricominciare un percorso che non ricalchi il passato.
Vi è spesso un senso
panico, come scrive Nazario Pardini nella prefazione, ma anche il
memoriale e l’immersione nella natura, e i versi sono di misure
diverse, con i continui enjambements, per cercare l’armonia.
Talvolta, il sogno si
fa aspirazione a ciò che pare irraggiungibile, come in Luglio.
Realtà, sogno,
memoria, rivisitazione dei ricordi – temi tutti consentiti al poeta –
sono le carte che Manzoni cerca di giocarsi in una partita a due con
l’amata, dove il pessimismo-sconfitta, come nel sonetto Parlarti di
me, non prelude alla sfida all’ultima carta, ma a una
rinuncia-ritirata. Insomma, se fosse una partita a scopa, sarebbe lei,
la donna agognata, nella condizione di vincere con una sfilza di
scope, piazzate una dietro l’altra.
I dubbi, la ricerca
della verità, lo sconforto nello scoprirsi un’anima avvizzita senza
speranza, come in Confessione, conducono a una totale
prostrazione.
Inquietitudine,
tormento, disperazione, come in Deserto. Eppure, come sostiene
qualche politico di lungo corso, la marcia nel deserto può essere
salutare. Addirittura, far rinascere a nuova vita, soprattutto dopo
un’agognata rivincita.
Anche interrogativi
irrisolti attorno a un’aspirazione erotica con l’amata, che resta
inesaudita in Ti amo.
La “sostanza” poetica
che Giacomo Manzoni propone al lettore, farebbe il paio con quella di
un giovane poeta che s’affaccia alla vita, con tutte le plausibili
titubanze. E sotto questo aspetto, la cosa può essere più che
consolatoria.
Giacomo Manzoni di Chiosca, milanese e
ingegnere che vive a Lavìs (TN) dal 1975, ha pubblicato alcune sillogi
di poesie e una raccolta di favole. È zio di Giuseppina Pasqualino di
Marineo di 33 anni, in arte Pippa Bacca, che era in “Viaggio di pace”,
con abito bianco da sposa, e sarebbe dovuta arrivare in Libano. E
invece è stata rapita, violentata e assassinata brutalmente in
Turchia, nei pressi di Gebze alla periferia di Istambul, l’8 marzo
2008, da un balordo locale di 38 anni, che le aveva offerto un
passaggio. Ritrovato tra venerdì 11 e sabato 12 marzo il suo cadavere,
il suo feroce assassino è stato arrestato. Il funerale si è celebrato
a Milano e chi ha voluto ricordarla, ha acceso un cero verde alla
finestra. Pippa Bacca, tra l’altro, era nipote dell’artista Piero
Manzoni che, negli anni Settanta, fece scalpore con i suoi interventi
dirompenti nel mondo dell’arte con alcune sue opere, tra cui i
barattoli intitolati “Merde d’artiste”.
Zell, 22 aprile 2008
Italo Bonassi:
“La parola nascosta”
Avevo
un’idea un po’ vaga della poesia e del fare poesia di Italo Bonassi,
presidente del ‘Gruppo poesia 83’
di Rovereto, prossimo a festeggiare con gli iscritti il 25° anno della
fondazione. Conosco Italo e Giuliana, la sua signora, dagli anni
Ottanta del Novecento – pare un secolo – e della sua poesia parlavo
con Diego Gadler (1912-1992), poeta e giornalista amico comune, che
amava frequentare e ricevere a casa propria, dietro il duomo di
Trento, i poeti e a Italo aveva scritto una presentazione per una
silloge pubblicata in quegli anni. Doveva trattarsi di una delle prime
raccolte editate da Italo. Diego mi aveva prestato quel libro che
lessi e poi restituii. Ricordo che lui aveva una buona considerazione
della qualità poetica, intesa come sostanza e cifra stilistica di
Italo Bonassi. A Diego, con il quale scambiavo liberamente le mie
impressioni, confidavo di aver riscontrato in quei versi un gusto e
una ricchezza tematica, ma pure una qualche ridondanza lessicale, di
cui personalmente mi ero liberato nel faticoso esercizio del fare
poesia. E a tal proposito ricordo che Bruno Betta, scomparso nel 1997,
docente e poi preside, ex internato nei lager nazisti e grande uomo di
cultura, aveva coniato il termine “brachilogia”, perché intravedeva
come uno schiacciamento delle proposizioni, tra verso e verso, nei
miei testi poetici. Aggiungo che, inevitabilmente, quando si fa
poesia, il proprio modo di intenderla e produrla, che poi identifica
forma e sostanza, diviene imprescindibile complemento dello strumento
critico che si applica ai versi altrui.
Il 17 aprile 2008,
nella Sala Rosa del Palazzo della Regione a Trento, Giorgio Ragucci
Brugger, scrittore, e Caterina Dominici, consigliera provinciale e
critica letteraria, hanno presentato la raccolta “La
parola nascosta – la parola sepolta che non si
dice e non si ascolta” di Italo Bonassi, stampata in gennaio
2007 nella Collana Gruppo Poesia 83. I due relatori, ciascuno a
proprio modo, hanno riesumato “la parola sepolta” delle poesie di
Bonassi – lette con gusto da Giuliana e dall’autore stesso –, l’hanno
rivitalizzata e presentata, anche con un certo brio, al pubblico
presente.
Al di là delle mie
confidenze a Diego Gadler, oggi convengo che il modo poetico di Italo
Bonassi ha un proprio connotato stilistico consolidato, che lui
adopera magistralmente per dare fluidità alla propria sostanza
poetica, in modo che il senso dei concetti, che si fanno quasi sempre
messaggi, sia più accessibile al lettore dei suoi versi. La poesia di
Italo Bonassi è una poesia matura e consapevole. Lo si nota in questa
sua raccolta dai testi Il tempo è galantuomo, Athanatos,
Il muro di Berlino, Poesia per un sasso, L’Anticristo,
L’uomo che scoprì di essere Dio. Filosofia, panteismo,
reincarnazione, critica sociale, ironia sottile e autoironia si
intessono nella trama lessicale di Bonassi, dando colore e sapore alla
“parola nascosta”.
Zell, 20 aprile 2008
(Questi articoli, scritti per la
rivista trentina Judicaria, sono nel sito
www.angelosiciliano.com).
Zell, 13 maggio
2008
Angelo Siciliano |