Un piccolo borgo, quello di
Montevaccino (Tn), alle spalle del Monte Calisio o Argentario, inserito
nell’omonimo Ecomuseo con i suoi canopi, a testimonianza delle miniere
da cui, nei secoli passati, si estraeva un minerale importante anche per
le finanze del Principato vescovile di Trento, la galena argentifera.
Una piccola realtà, che non visitavo da qualche anno e che ho trovato
parecchio cresciuta urbanisticamente.
Attraverso Facebook, l’amico Gianko
Nardelli, nato a Sopramonte (Tn) ma montese d’adozione, nonché ex
carabiniere ma pure mente, motore instancabile e presentatore di questa
operazione, m’aveva invitato all’inaugurazione della mostra fotografica
“Gruppo Alpini di Montevaccino: cinquant’anni di impegno e solidarietà
(1960-2010)”. Gli avevo risposto sul web in forma dubitativa, ma poi,
rimossi ogni remora e impegno, ho deciso di partecipare. E ho trovato,
dopo un inverno lungo che sembrava proiettarci direttamente in braccio
all’estate, un ambiente rigoglioso: boschi in pieno stato vegetativo,
prati in fiore, ciliegi prossimi alla maturazione dei loro frutti.
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In cima al bosco cantava un cuculo, che
di questi tempi avrà già provveduto a parassitare con un proprio uovo
alcuni nidi di malcapitati uccelletti. Sugli alberi attorno alle case,
un concerto meraviglioso – momenti che conciliano con l’armonia del
Creato che l’uomo spesso non si astiene dal deturpare – di canti di
piccoli uccelli canori che hanno già nidificato: cardellini, fringuelli,
verdoni, codirossi, verzellini… E tra le chiome degli alberi intorno al
Centro Sociale, un pigolare di alcuni involati di cardellini.
La vista sulla Valle dell’Adige è
alquanto esigua da qui: si nota la zona di Ischia Podetti, dove ancora
si interrano i nostri rifiuti. Ma guardare le montagne circostanti
amplifica il respiro, Monteterlago sotto la Paganella, sino al Brenta e
oltre, verso nord. La chiesa di S. Leonardo di Noblat, col suo alto
campanile aguzzo, e un fazzoletto di cimitero, le nuove case raccolte a
corte e i minuscoli orti mi hanno restituito “Rio Bo”,
breve lirica di Aldo Palazzeschi, tra quelle che i maestri d’una volta
ci costringevano a memorizzare, per non dimenticarle più: Tre
casettine / dai tetti aguzzi, / un verde praticello / … Microscopico
paese, è vero / paese da nulla, ma però… / una grande magnifica stella /
… / Una stella innamorata? / Chi sa / se nemmeno ce l’ha / una grande
città. In questi versi minimi (ho
escluso quelli con Rio Bo, ma anche Montevaccino ce l’ha un ruscelletto
che scorre a valle poco distante), di questo testo nello spirito
crepuscolare di inizio Novecento, col ritmo di una canzoncina che forse
neanche più si studia a scuola, pare racchiudersi, in questa calda
mattinata di fine maggio, il mondo incantato di Montevaccino, che
annovera diversi Alpini tra i suoi residenti, che festeggiano oggi i
cinquant’anni di vita del loro Gruppo.
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Il 2010 è l’anno degli Alpini. A
Bergamo, il 7, 8 e 9 maggio,
c’è stata l’83ª
Adunata Nazionale Alpini, con reduci accorsi da
tutt’Italia e anche dall’estero.
Le origini
degli Alpini sono
antiche. Risalirebbero addirittura all’epoca romana: i Cimbri
dell’Altopiano dei Sette Comuni, le Milizie Valdesi, le Milizie di
autodifesa delle Valli del Trentino, del Cadore e del Friuli. Ma se
questi sono i lontani precursori, la loro origine moderna data 15
ottobre 1872, undici anni dopo l’Unità d’Italia, quando, su proposta del
capitano di fanteria Giuseppe Perrucchetti, considerato il padre degli
Alpini, furono create a Napoli le prime 15 Compagnie Alpine, per la
difesa dei valichi di montagna degli oltre 1500 km di confine italiano
delle Alpi, e ciascuna era costituita da uomini provenienti dalla stessa
vallata, e in grado quindi di assolvere efficacemente il compito di
difesa, per via della perfetta conoscenza della zona d’impiego.
Nel tempo, il Corpo degli Alpini è
cresciuto e, pur essendo nato per la difesa delle Alpi, è stato
impiegato altrove e il battesimo del fuoco lo ebbe in Africa, ad Adua,
nel 1896, e ha partecipato alla Guerra di Libia del 1911, alla conquista
dell’Abissinia nel 1935 e alle due guerre mondiali, con la tragedia
della ritirata di Russia del 1943 del Corpo d’Armata Alpino, inquadrato
nell’ARMIR. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, in quel clima di
confusione e incertezza ideologica, alcune unità alpine si schierarono
su entrambi i fronti contrapposti, quello dei partigiani e quello della
Repubblica Sociale Italiana. Attualmente alcuni contingenti di Alpini si
avvicendano in missione in Afganistan, nell’ambito degli accordi tra le
Interforze di pace internazionali.
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Una preghiera fu scritta per loro nel
1935 dal colonnello Gennaro Sora. Diversi canti, dedicati agli Alpini a
partire da inizio Novecento, sono entrati nel repertorio abituale dei
cori di montagna e i più noti sono: Sul cappello,
Dove sei stato mio bell’Alpino,
Il testamento del capitano,
Montagne addio, E Cadorna
manda a dire e Monte Nero.
Tra tanti personaggi che sono stati
Alpini, ricordiamo i martiri della Grande Guerra Cesare Battisti e Fabio
Filzi, gli scrittori Carlo Emilio Gadda, Mario Rigoni Stern, Giulio
Bedeschi e Mauro Corona, i giornalisti Bruno Pizzul e Giorgio Bocca, il
beato Carlo Gnocchi e il cantante Luciano Ligabue.
All’ANA, Associazione Nazionale Alpini,
sono iscritti gli Alpini in congedo, che svolgono sul territorio opera
fondamentale di volontariato, vèci
e bòci
insieme, intervenendo in soccorso delle popolazioni in quelle aree
territoriali, in cui si sono verificate catastrofi e calamità naturali.
La mostra di Montevaccino, con
fotografie, documenti scritti, alcuni manifesti e locandine, diversi
gagliardetti, un manichino vestito da alpino e un basto di mulo, ha lo
scopo di recuperare le radici umane e sociali di questo luogo e
riannodare i fili della memoria di una micro-comunità a rischio di
perdita di identità, nell’attuale realtà mediatica, narcisistica e
consumistica. Tutto il materiale esposto è stato raccolto con grande
abnegazione nelle famiglie di Montevaccino, facendo leva sui rapporti
personali e sui ricordi degli anziani, imprescindibile risorsa e
giacimento del sapere popolare locale, base di partenza per operazioni
culturali di questo tipo. L’esposizione sintetizza non solo la vita
degli Alpini del posto, ma anche i loro legami affettivi e col
territorio, il servizio militare prestato, le partecipazioni alle
adunate locali e nazionali, gli interventi sul territorio in 50 anni di
impegno sociale e solidarietà. Tutto il materiale esposto sarà
scrupolosamente archiviato a cura del Centro Sociale di Montevaccino.
La giornata è proseguita con una
sfilata con la Fanfara alpina “Valle dei Laghi”, con la celebrazione
della santa Messa, con la deposizione di una corona d’alloro al Cippo
dei caduti di tutte le guerre e la degustazione di alimenti da un buffet
imbandito nella sala circoscrizionale del Centro Sociale.
(Questo testo è
fruibile nel sito
www.angelosiciliano.com).
Zell, 23 maggio
2010
Angelo Siciliano
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