L’ultimo re
delle due Sicilie, Francesco II di Borbone, sovrano in esilio, il 27
dicembre 1894, moriva all’età di 58 anni ad Arco, in provincia di Trento,
allora sotto l’Austria, dov’era solito venire per “passare le acque”, ospite
nella villa dell’Arciduca Alberto. Solo raramente era accompagnato dalla
consorte, la regina Maria Sofia.
La
ricorrenza è stata recentemente ricordata nella cittadina.
Era nato a
Napoli il 16 gennaio 1836 dal re Ferdinando II e da Maria Cristina di
Savoia, sovrana molto pia che, morta giovane, fu dichiarata “venerabile”
dalla Chiesa e suo figlio, il futuro Francesco II, era chiamato dal popolo
“il figlio della Santa”.
Ferdinando
II era stato soprannominato “re Bomba” per aver instaurato un regime
poliziesco e assolutistico. Aveva represso i moti del 1848 in Sicilia e
fatto bombardare Messina (di questi fatti è rimasta memoria anche nella
cultura orale dell’Irpinia, grazie a due detti: Li pìgliunu li mòti.
Succede lu quarantòttu.).
Nel 1859
Francesco II aveva sposato Maria Sofia di Wittelsbach, duchessa di Baviera e
sorella dell’imperatrice Sissi, consorte dell’imperatore d’Austria Francesco
Giuseppe.
Nello stesso
anno, il 22 maggio 1859, essendo morto il padre, diveniva re. Ma il suo
regno sarebbe stato molto breve, a causa dell’unità d’Italia.
Di profonda
fede religiosa, ma di scarsa cultura come i suoi
predecessori, anche quando l’Eroe dei Due Mondi, Giuseppe Garibaldi, ebbe
effettuato lo sbarco a Marsala, egli affrontava la gravità del momento
rifugiandosi nella preghiera e confidando nell’aiuto del Signore e San
Gennaro.
Senza esperienza, contava di regnare continuando la politica reazionaria di
suo padre, non accorgendosi della gravità della situazione.
Quando Garibaldi entrò a Napoli, Francesco II e tutto il seguito ripararono
a Gaeta.
Era il 7 settembre 1860 e giunti che furono nel vecchio e scomodo palazzo
reale, un anziano sacerdote, padre Borelli, corse incontro al re e nel
baciargli la mano cercò di confortarlo: «Maestà, se non siete stato un gran
re in terra, sarete un gran santo in paradiso!». Il re non diede peso a
quella gaffe e ricambiò con un sorriso.
Sanguinosi furono gli scontri sui fiumi Volturno e Garigliano, tra
garibaldini e piemontesi da una parte, e borbonici dall’altra.
Dopo la capitolazione di Capua, restava Gaeta come ultimo baluardo e benché
logoro e male armato, l’ormai esiguo esercito borbonico, rincuorato
dall’insospettato coraggio del re e dalla forza d’animo della regina che si
aggirava tra gli spalti della fortezza bombardata da tutte le parti, riuscì
a resistere per diverso tempo a ben 18.000 bersaglieri del generale
Cialdini. Eppure, permane ancora per il Sud un detto spregiativo a riguardo
dell’esercito borbonico, “L’esercito di Franceschiello”.
Ma l’11 febbraio 1861, Francesco II si arrendeva con l’onore delle armi.
Mentre partiva per l’esilio con la sua famiglia lasciando Gaeta a bordo
della nave “Mouette”, messa a disposizione da Napoleone III, era salutato da
ventuno colpi di cannone dai piemontesi che avevano occupato la fortezza.
Cessava così la dinastia dei Borboni di Napoli.
Con la regina si fermò a Roma diversi anni, sino al 1870.
Sperava di riconquistare il regno perduto. Entrambi complottavano con
generali di ventura e sperperavano quattrini con i capi del brigantaggio,
che promettevano di adoperarsi per la restaurazione.
Quando ogni speranza svanì, un solco profondo si aprì tra le Altezze reali.
Si disse che la regina aveva avuto un flirt con un ufficiale belga, a
seguito del quale aveva messo al mondo una bambina in un convento di
Augsburg (Augusta), in Germania.
Anni più tardi vi fu un riavvicinamento e quel solco sembrò colmarsi con la
nascita di una figlia, la principessina Maria Cristina Luisa Pia. Purtroppo,
la morte precoce della bimba indusse i genitori a un’irrimediabile
separazione, con l’abbandono definitivo dell’Italia per Parigi nel 1870.
Il diabete fu la causa di morte di Francesco II e la sua salma fu tumulata
nella Collegiata di Arco. Nel 1914 fu traslata a Trento e nel 1926, con la
salma della consorte, deceduta a Monaco di Baviera nel 1925, fu tumulata a
Roma, nella Chiesa dello Spirito Santo dei Napoletani.
La definitiva sistemazione nella chiesa di Santa Chiara a Napoli, dove sono
tumulati anche altri sovrani Borboni, è avvenuta nel 1984.
Francesco II ci ha lasciato un lungo diario in cui, dal 1° gennaio 1862 al
1894, aveva annotato i suoi pensieri e i fatti salienti che succedevano.
Questo diario, curato da Aniello Gentile, è stato pubblicato da Arte Grafica
di Napoli nel 1988.
Nel 1862,
con nobiltà d’animo regale, ebbe modo di annotare la sua tristezza per “aver
veduto dopo due anni quello stesso Garibaldi preso prigioniero dai
Piemontesi combattendo”.
Evidentemente erano cambiati i tempi e anche Garibaldi s’avviava ad essere
emarginato in malo modo, dai nuovi eventi e dai Savoia.
Nel febbraio
del 1995, dopo 136 anni, il principe Carlo delle Due Sicilie ha fatto una
visita ufficiale di tre giorni in Calabria. È stato accolto bene dalla gente
del posto.
A Napoli,
invece, città “tradita” prima dai Savoia e dal fascismo, poi dai vari Gava,
Pomicino, Scotti, De Mita, De Lorenzo, nello stesso anno è stato fondato un
partito neoborbonico, accompagnato dal proclama di voler procedere alla
ricostruzione del Regno delle Due Sicilie e chiamare a insediarvisi
l’attuale erede al trono, Ferdinando di Borbone.
Si tratta di
uno scherzo o di un altro tradimento?
Staremo a
vedere.
*Pubblicato, nel dicembre 1995, sulla rivista trentina RENE & SALUTE.
Zell, 16 ottobre
2004 Angelo
Siciliano
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Francesco II si congeda dai difensori di
Gaeta (acquerello del
Postiglione). |
Garibaldi entra a Napoli il 7 settembre 1860
(dipinto di Antonio Licata). |